Le notizie che si sentono in giro sono sconfortanti: non si trova lavoro, in Italia gli stipendi sono inferiori a quelli del resto d'Europa e i cervelli sono in fuga. Per di più, quel maledetto gender gap continua a farsi sentire e il numero delle aziende guidate da donne è ancora basso: neanche 1,4 milioni in Italia, equivalente al 22,1% del totale (per il 96,8% micro e solo per lo 0,3% imprese medio-grandi).
Detto ciò - e son tutte cose vere - lamentarsi serve sempre a poco e, per andare avanti, è semmai meglio concentrarsi su ciò che si può fare, meglio capire come valorizzare al massimo quello che di buono c'è, cercando di sostenere idee, puntando i fari sulle imprese di successo per prenderne esempio.
E così di recente sono stati destinati al Fondo impresa femminile 200 milioni in più per sostenere le imprenditrici e continuano iniziative di scouting per trovare storie eccezionali e sogni realizzati, proprio come fa il Premio GammaDonna, che torna anche quest'anno: «Sostenere, dare il giusto peso all’imprenditoria femminile, anche attraverso riconoscimenti pubblici, è una necessità per la nostra economia che non può permettersi di sprecare risorse preziose», spiega Valentina Parenti, presidente GammaDonna, «Che anzi deve imparare a valorizzarle, a fare in modo che diventino un esempio da emulare. Per questa ragione ormai da due decenni lavoriamo per mettere in luce la tenacia di donne che spesso, nell’ombra, fanno cose incredibili».
E allora, se siete imprenditrici (founder, co-founder, oppure socie attive con ruoli manageriali), se sentite che avete dato una spinta innovata con prodotti/servizi, processi o modelli organizzativi all’interno della vostra azienda, il Premio GammaDonna questa potrebbe essere una buona occasione. Per candidarsi c'è tempo fino all'11 luglio e i premi sono interessanti: in palio, oltre a un mini-documentario sulla propria storia di innovazione imprenditoriale, anche un Master in una Business School, un percorso di formazione sul mondo del Venture Capital e un training per partecipare e accedere a un investimento tra i 100 e i 500mila euro.
Nell'ultima edizione, a vincere il premio come migliore imprenditrice innovativa d’Italia, è stata Marianna Palella, ceo & Brand Manager di Citrus L’Orto Italiano. Siciliana, figlia di commercianti di frutta, ad appena 22 anni, nel 2015, lancia la sua Citrus e crea un modello di business innovativo, che punta a divulgare una cultura alimentare più consapevole, valorizzando la biodiversità attraverso la commercializzazione su larga scala di varietà minori e legando la crescita del fatturato al finanziamento della ricerca scientifica. Quella che ha attivato lei è una filiera che rispetta l’ambiente e genera valore per l’intera comunità. La sua è una di quelle storie che fanno ben sperare e oggi lei si ritrova ad essere nella giuria di quel Premio GammaDonna, che l'anno scorso l'ha vista vincitrice. Ed è a lei che abbiamo fatto qualche domanda, per capire spazi, modi, strategie e pensieri delle imprenditrici donne nel nostro Paese.
Che cosa fa più paura quando si fonda una propria impresa?
«Ogni impresa si fonda su una scommessa e come tale sai che puoi perderla o vincerla. All'incertezza dei primi passi segue la paura dell'ignoto. La paura però, se sapientemente controllata, può essere la migliore alleata. Ti spinge a fare, a fare bene, a fare meglio. Quando tocchi l’apice della paura sai che la magia sta per accadere. Le cose più belle so trovano sempre aldilà delle nostre paure».
Come è arrivata a far conoscere il suo operato? È una cosa che viene naturalmente o anche questo (comunicazione/marketing) fa parte di un lavoro importante?
«Comunicare Citrus mi viene molto naturale. Seguo tutti i processi aziendali e sono dotata di una forte curiosità che mi rende una mitragliatrice di domande. Le cose che più mi affascinano amo condividerle. E così mossa da una mia esigenza personale scelgo i temi da trattare. A questo processo di selezione segue un grande di lavoro operativo e gestionale di tutte le sfere della comunicazione (visiva o verbale, di storytelling o istituzionale...). Nulla è improvvisato. Senza il duro lavoro qualsiasi progetto rimane un bel sogno individuale. Credo che sia una bella fortuna però lavorare su qualcosa che piace. Trasforma tutto in un gioco. Ancora di più se nel farlo puoi mettere dentro chi sei, i valori in cui credi, le tue passioni».
Il fatto di aver vinto questo premio, quanto l'ha aiutata?
«GammaDonna è stata un'esperienza bellissima non soltanto perché ha messo in luce la storia di Citrus ma anche perché mi ha permessa di entrare in una rete rosa di solidarietà imprenditoriale. Grazie a GammaDonna sono tornata a studiare Economia e ho conosciuto donne strepitose che stimo umanamente e professionalmente. Ricevere questo prezioso riconoscimento è inoltre una soddisfazione personale perché ha significato per me essere riuscita nell'intento di aprire le porte del “vitaminico” mondo dell‘ortofrutta da sempre riservato agli addetti ai lavori, vittima di una comunicazione da sempre autoreferenziale».
Lei rappresenta i giovani imprenditori: quali pensi siano le sfide per i prossimi anni per chi vuole fare impresa in Italia?
«Sono felice che lei mi abbia rivolto questa domanda senza declinarla al femminile perché in questo Paese essere giovane è una colpa che non distingue in base al genere. Che tu sia uomo o donna se sei giovane è molto probabile che tu sia un sia valorizzato in quanto tale. E questa credo sia il fallimento più grande a cui si possa assistere. Nella complessità dei nuovi mercati, nella rapidità con cui cambia il mondo, in un momento storico ed economico in cui non valgono più le regole da tempo stabilite i giovani possono essere una potente risorsa per quelle aziende capaci di valorizzarli. Mi auguro davvero che col tempo si possa dare vita a un alleanza generazionale. Citrus nasce così, da una staffetta rosa, un continuo confronto-scontro-incontro generazionale tra me e mia mamma. Questo è stato e continua ad essere l'ingrediente principale del nostro successo. Um dialogo motore di innovazione costante in Citrus».
Essere una donna rende ancora le cose più difficili oppure ormai quel gender gap è stato in parte appianato?
«Purtroppo vediamo solo l'inizio di un cambiamento culturale. La strada è lunga ma ho fiducia nella ma generazione e in quelle che successive che stanno dimostrando di essere molto più sensibili ai temi della diversity & inclusion. Nonostante ciò sono consapevole che ogni traguardo raggiunto, ogni diritto acquisito non sarà mai del tutto ottenuto pienamente ne dato per certo -e le ultime amare notizie lo confermano-. È per questo che non bisogna abbassare l'attenzione e continuare a sensibilizzare».
Se lei potesse chiedere una nuova legge in Italia, quale chiederesti? Per che cosa?
«Una legge che supporti e aiuti i giovani a costruire una famiglia o realizzare i propri desideri. La precarietà è il tratto caratterizzante della mia generazione e questo si ripercuote sulle aspirazioni e i desideri dei miei coetanei. Quello che non si è però realizzato ancora a pieno è che supportare i giovani è l’unico modo per crescere in modo robusto ed organico come società ed economia nazionale».
Un consiglio pratico alle giovani aspiranti imprenditrici...
«Siate autentiche, portate chi siete e i vostri valori in azienda».